Nel cuore esatto del Velino - Cimata di Fossa Cavalli


Più o meno l’anno inizia da dove era finito, sul gruppo del Velino che è stato indubbiamente quello maggiormente frequentato dello scorso anno, vuoi per la vicinanza da Roma ma credo anche di più, perché più lo si conosce più ce ne si innamora. L’ho già detto, è stata la scoperta di Marina dello scorso anno, una sorta di attrazione irresistibile. Il dove si va con lei è una domanda inutile ormai, “sul Velino” è sempre la risposta che ti investe puntuale. Ho “temuto” questa volta, quando il suo desiderio era quello di voler arrivare su qualche montagna alta, su qualche cresta ariosa, ho “temuto” che mi ritoccassero ancora i 2487 mt. del Velino, non avevo pensato all’unica montagna che gli mancava di questo grande gruppo, la Cimata di Fossa Cavalli; insomma, mi sono risparmiato rispetto al Velino 186 metri di dislivello, sempre di farsi un “affare così” si trattava. Naturalmente scherzo, è stata una grande sorpresa questa iniziativa che ho accolto con grande entusiasmo, la Cimata di Fossa Cavalli è una montagna che amo particolarmente. La partenza la fisso a Massa d’Albe, l’intenzione è quella di seguire il sentiero n° 7 con una piccola deviazione finale per arrivare in vetta. Si attraversa il paese per intero, stessa cosa per la frazione di Corona, l’ultimo gruppo di case avamposto sotto il Cafornia e praticamente fusa con Massa d’Albe; si usa la parrocchiale da rotatoria e si continua dalla parte opposta del rettilineo per la sterrata fuori paese fin tanto che l’auto che guidate ve lo permette. Credo che poche 4x4 oggi siano in grado di raggiungere fonte Canale, punto di partenza ufficiale del sentiero, la nostra non è nemmeno una 2x2 , riusciamo a raggiungere quota 980mt. e siamo costretti a parcheggiare, di radure ce ne sono quante se ne vogliono. Per la carrareccia in meno di mezz’ora si raggiunge fonte Canale, d’estate, questa copiosa fonte posta sotto l’enorme faggio deve essere un posticino da sogno; dalla fonte si iniziano ad intravedere le bandierine del CAI, da lì iniziano i sentieri 4,5,6,7 e 7A, i primi tre per il Velino ed i secondi due per il Cafornia. Oltre la fonte in pochi minuti si raggiunge la sella da dove gli orizzonti si allagano alle rupi del Peschio Rovicino , al Magnola/Sentinella e alla piana intorno Forme, un piccolo altipiano davvero suggestivo e quieto, lo attraversiamo quando la luce è ancora radente e le ombre lunghe, contribuiscono di certo a caricarlo di suggestione. Superiamo la sbarra che chiude l’accesso alla carrareccia che aggirando le falde del Cafornia porta verso il Velino e ci teniamo sul sentiero n°7 , a destra, che lentamente aggira la parte bassa dello spigolo del Cafornia. Segnali sparsi ed il sentiero molto evidente, si viaggia veloci, anche poco sopra il folto e riportato boschetto di abeti dove inizia a comparire la prima neve. Questa non sarà la costante della giornata, sparuti e consistenti cumuli di neve lungo il sentiero sono seguiti da lunghi tratti privi ed asciutti, in basso, perché in alto è molto peggio, anzi in alto la neve è quasi assente. Il sentiero continua più o meno su un lungo traverso, aggira il Cafornia salendo lentamente il suo spigolo Sud con la rocciosa parete del Peschio Rovicino sempre più vicina e verticale, fino a scoprire la lunga cresta parallela che sale verso la Cimata di Fossa Cavalli, ormai dove il vallone Rietello, un fosso che un tempo usai con Luca in maniera fin troppo avventurosa per scendere a valle, si allarga e si appiana . Impressionante la quasi assenza di neve in questa conca e per quello che si può gia vedere anche più in alto, siamo a già a Gennaio, mi chiedo se avremo mai quest’anno un vero inverno. Si aggira il Cafornia ancora per un tratto fino ad entrare nella conca caratterizzata da diverse enormi e tondi massi erranti, a lato di quello più grosso un muretto a secco mi incuriosisce, vado a curiosare, si ratta di un ingresso ad una grotta naturale ; non è una grotta naturale di fatto ma una buca sotto il masso che funge in questo caso da tetto; di certo un ricovero pastorale, queste montagne ne sono piene, sempre utile mapparlo in memoria, hai visto mai dovesse tornare utile!!?? Sopra la piccola conca in cui siamo, poco sopra, c’è un salto deciso che fa entrare nella valle sommitale, quella larghissima dominata proprio dalla Cimata di Fossa Cavalli e dal Cafornia. Un canale roccioso a sinistra sale ripido, potrebbe anche essere utilizzato per divertirsi un po’; il sentiero, qui parzialmente innevato sale invece a destra tra le due tondi speroni che abbiamo davanti. In quello al centro, ben visibili ci sono due piccole grotte naturali, due cavità carsiche di poca importanza se non che la leggenda vuole che siano state ricovero di San Benedetto, se non che la storia racconti che sono stati ricovero per fuggiaschi del vicino campo di concentramento di Avezzano durante la seconda guerra mondiale. Scontornando il piccolo fosso tra le due alture ci si ritrova nella ampissima conca erbosa che sale fino in cresta, in massima parte anche questa erbosa; sulla sinistra domina la Cimata di Fossa Cavalli, più a sinistra ancora, verso Nord-Ovest dalla cima della Cimata, quella del Cafornia. Incredibile come solo la parete e la pagina verticale rocciosa e ghiaiosa sotto la vetta principale del Cafornia siano appena imbiancate, il resto sono pratoni dove solo gli avvallamenti sono ancora colmi di neve, siamo tra i 2100 e i 2300 metri e la situazione è quella di una primavera inoltrata. Omini invisibili se non quando ci arrivi in prossimità, con le bandierine bianco-rosse del CAI, sono disseminati tra i prati della conca, sono sufficienti per far capire la direzione anche se davvero non servono. Attraversiamo i prati in diagonale, per tagliare le pendenze il più possibile. Nei pressi della sella in cresta, proprio sotto la Cimata ritroviamo il sentiero che taglia in alto fino al Cafornia . Preferiamo seguire il bordo cresta, affascinante e arioso, così verticale sulla valle del Bicchero, così dominante sulla prospiciente Costa Stellata e Capo di Pezza, un balcone sulla parte Est del gruppo del Velino; il Bicchero le punte Trento e Trieste fino al Costone… ed è niente perché l’aria è talmente tersa che si distinguono bene le montagne fino al Vettore, tutta la Laga e la lunga Catena del Gran Sasso. Immensamente bello. L’”omone” di vetta lo raggiungiamo dopo aver superato qualche cumulo di neve, non è ghiacciata, nessun problema, ed è ancora più bello quando sbuca il Velino dietro un mare di roccia, c’è talmente tanto davanti a noi che non sappiamo dove guardare. Ci si confonde quando ci si trova in queste situazioni, troppe montagne, “tutte quelle montagne … non se ne vedeva la fine, … non erano le montagne che vedevo che mi confondevano … era quelle che non distinguevo…eppure le montagne erano un numero finito, … noi eravamo infiniti nei sogni e progetti che potevamo fare con quelle montagne”. Mi scuserà Baricco se ho parafrasato il suo capolavoro, era magnificamente emozionante essere lì e guardare tutto quello che c’era da guardare. C’è posto per la poesia in montagna evidentemente e per fortuna, ma alla fine occorre darci un taglio, rimettere gli zaini in spalla e rientrare; lo abbiamo fatto per la stessa via dell’andata tranne nel tratto del gradino per scendere alla valle di sotto; ho sbagliato canale, ne ho preso uno innevato dove scendere era comodo comodo. Peccato che è sbucato oltre la piana dei massi erranti, abbiamo dovuto scontornare il ripido pendio, tracce di sentiero c’erano, ma di sentiero per capre si trattava; un bel diversivo però, poco dispendioso e gratificante per la vista che ci ha regalato sulla piana dei massi e dello sperone delle grotte di San Benedetto. La deviazione è breve, ci fa impegnare in un piccolo traverso su neve dentro la testa del vallone Rietello e siamo dall’altra parte sulle coste del Cafornia, sul sentiero di rientro. Il sole ormai più basso scalda i colori, il paesaggio è lo stesso della mattina ma è più marcato nei dettagli e non riesco a trattenermi dal rifare le stesse foto della mattina. Scendiamo veloci, la temperatura dell’aria si abbassa velocemente; un’ultima sosta per l’ultimo panino sulla radura della sella assolata prima di scendere per la fonte Canale. Il rientro per la carrareccia è veloce, il Cafornia ricorda le Dolomiti in questo momento del pomeriggio, sta tingendosi di rosso. E’ davvero una bella montagna e non riesce a staccarsi da noi, mentre scendiamo verso Masse d’Albe invade gli specchietti retrovisori dell’auto.